Costituiscono atti di concorrenza sleale tutti quei comportamenti illeciti messi in atto da una persona o un’azienda creando indebite posizioni di vantaggio nei confronti dei propri competitor oppure per danneggiarli con l’obiettivo di incrementare il proprio profitto. Solitamente in regime di concorrenza le imprese competono sul medesimo mercato rispettando un giusto equilibrio. Purtroppo si registrano sempre più spesso casi di Concorrenza Sleale che finiscono per intaccare il libero mercato e a ledere l’impresa che ne risulta vittima.
La concorrenza sleale è un’attività estremamente pericolosa per l’impresa. Il Codice Civile la ritiene illecita, poiché è in grado, alterando il meccanismo fisiologico delineato dal diritto della concorrenza, di danneggiare gravemente l’impresa “virtuosa”.
Le norme che rilevano il tema della concorrenza sleale sono contenute negli artt. 2598-2061 del Codice Civile. Le investigazioni aziendali per il reato di concorrenza sleale sono finalizzate a provare atti di concorrenza sleale e ad ottenere prove legalmente utili al fine di far valere un proprio diritto facendo riferimento agli artt. del codice civile dove si prevede che la sentenza che accerta il compimento di atti di concorrenza sleale ne inibisce la continuazione e dà gli opportuni provvedimenti per eliminarne gli effetti.
Le Investigazioni aziendali nell’ambito della Concorrenza Sleale risultano indispensabili per fornire prove documentali valide in giudizio e contribuiscono in modo determinante alla vittoria della causa, permettendo così all’imprenditore di riportare nella sua azienda armonia e giustizia.
In questo articolo approfondiremo il reato di Concorrenza sleale utilizzando i seguenti argomenti.
L’impianto delineato dal codice civile, in particolare, vieta due diverse tipologie: atti di concorrenza sleale tipici (atti di confusione, di denigrazione e di vanteria) e atti di concorrenza sleale atipici. Approfondiamo la concorrenza sleale definita “tipica”.
Tali atti sono esempi di concorrenza sleale e sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo o colpa e senza che abbiano arrecato un effettivo danno ai concorrenti: è sufficiente il danno potenziale. Contro questi atti scattano le sanzioni dell’inibitoria alla continuazione degli atti e dell’obbligo di rimozione degli effetti prodotti. In presenza di dolo o colpa e di un danno patrimoniale attuale, si ha diritto al risarcimento da parte del danneggiato. indagini di raccolta prove violazione patto non concorrenza da parte dell’Investigatore privato Ezio Denti riguardano innanzitutto l’analisi approfondita della struttura aziendale e la verifica di tutti i soggetti coinvolti nei processi produttivi e gestionali a tutti i livelli: soci, manager, consulenti esterni, fornitori, eventuali società collaboratrici o aziende collegate.
Chi perpetra il danno da concorrenza sleale è spesso un soggetto interno all’impresa stessa. Qualche volta si tratta di dipendenti, collaboratori, altre volte di aziende partner, soci o amministratori: in ogni caso l’imprenditore deve proteggere con convinzione e tenacia il patrimonio intellettuale e tecnologico della propria impresa.
Il codice civile sullo sviamento clientela come danno da concorrenza sleale si esprime chiaramente. Infatti, l’art. 2600 del Codice civile italiano impone il risarcimento del danno sia per la sottrazione di clientela sia per gli per gli atti di denigrazione che si traducono in un danno all’immagine e dunque in una diminuzione delle vendite di servizi o prodotti.
In questi casi di concorrenza sleale, negli ultimi anni la giurisprudenza si è espressa a favore del risarcimento per equivalente seguendo i concetti di lucro cessante e danno emergente. Per lucro cessante si intende la concreta diminuzione del profitto dell’azienda vittima di conorrenza sleale. Per danno emergente si intendono le spese sostenute proprio per accertare gli atti di concorrenza sleale perpetrati ma anche il pregiudizio patrimoniale conseguente all’acquisizione ed allo sfruttamento parassitario delle informazioni e delle tecniche acquisite da un’impresa in anni di ricerche e studi. Un’analitica valutazione del caso di concorrenza sleale affidato, consente allo Studio Investigativo Ezio Denti di comprendere quali siano le presunte violazioni delle regole di mercato in tutte le loro molteplici sfaccettature.
Chi perpetra il danno da concorrenza sleale è spesso un soggetto interno all’impresa stessa. Qualche volta si tratta di un ex dipendente, collaboratore, altre volte di aziende partner, soci o amministratori: in ogni caso l’imprenditore deve proteggere con convinzione e tenacia il patrimonio intellettuale e tecnologico della propria impresa.Esempi di potenziale concorrenza sleale perpetrata da ex dipendenti.
Tipicamente, la scorrettezza più diffusa in tale contesto si sostanzia nell’abuso di informazioni aziendali riservate acquisite dal “transfugo” in costanza di rapporto di lavoro portando con sé un vantaggio competitivo sotto forma di notizie riservate inerenti clientela, strategie, documenti, condizioni di vendita e quant’altro configurante l’anima del business dell’ex datore di lavoro. Le norme che inquadrano questi atti di concorrenza sleale sono numerose ed eterogene (dalla Costituzione al Codice Penale, dallo Statuto dei Lavoratori al Codice Civile, fino al Codice della Proprietà Industriale). Per questo è necessario rivolgersi a un Professionista di esperienza con un team di avvocati, giuristi e consulenti del lavoro.
L’attività di accertamento di EZIO DENTI Studio Investigativo nei casi di Concorrenza Sleale e Infedeltà Professionale deve essere intesa come metodo di forte deterrenza e contrasto agli illeciti contrattuali, un modus operandi e un diritto del datore di lavoro il quale è legittimato a controllare l’operato del dipendente.
Quali sono nello specifico i comportamenti sleali di infedeltà professionale dell’ex dipendente? Tra quelli più riscontrabili c’è sicuramente l’ex dipendente che contatta clienti della sua ex azienda. A questo genere di concorrenza sleale fanno capo diversi comportamenti illegittimi e illegali.
Le leggi a tutela dell’ex dipendente sono costituiti dall’art. 4 della Costituzione sulla libertà del lavoro e sull’iniziativa economica (art.41 Cost.), ma anche la legge sulla privacy e lo Statuto dei Lavoratori per quanto concerne la raccolta, e le sue modalità, delle prove sui fatti denigratori o sugli abusi di segreto aziendale, comprovabili solo mediante registrazioni audio-video, o accedendo all’account email aziendale dell’ex dipendente.A tutela dell’ex datore di lavoro, invece, ecco a quali articoli fare riferimento
Il socio della società in nome collettivo, sia esso amministratore o meno, non deve svolgere per conto proprio o altrui (nemmeno indirettamente) un’attività concorrenziale con quella della società e non deve partecipare in qualità di socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Non potrà, pertanto, assumere la carica di amministratore di società di capitali (nel caso in cui questa sia in concorrenza) ma potrà, ad esempio, partecipare in una società a responsabilità limitata non concorrente.La violazione di questo divieto è sanzionabile, nei casi più gravi, con l’esclusione del socio dalla società (art. 2301 Codice Civile).
Ma nel sistema italiano, la concorrenza è inibita solo ai soci delle società in nome collettivo e agli accomandatari delle s.a.s.: questi soggetti possono svolgere attività lavorative diverse da quella della società ma non possono mai fare diretta concorrenza alla società partecipata (nelle s.p.a. è previsto il divieto di concorrenza degli amministratori, rimosso di recente per quelli delle s.r.l.).
Le leggi a tutela dell’ex dipendente sono costituiti dall’art. 4 della Costituzione sulla libertà del lavoro e sull’iniziativa economica (art.41 Cost.), ma anche la legge sulla privacy e lo Statuto dei Lavoratori per quanto concerne la raccolta, e le sue modalità, delle prove sui fatti denigratori o sugli abusi di segreto aziendale, comprovabili solo mediante registrazioni audio-video, o accedendo all’account email aziendale dell’ex dipendente.A tutela dell’ex datore di lavoro, invece, ecco a quali articoli fare riferimento.
La situazione in questo caso è molto delicata. Da una parte l’impresa ha infatti il diritto di fare uso esclusivo delle proprie conoscenze e del proprio know – how, e qualsiasi comportamento che alteri il meccanismo concorrenziale sotto tale profilo può costituire, sussistendone i presupposti, atto di concorrenza sleale sanzionabile ai sensi della disciplina vigente. Dall’altra nei casi di infedeltà professionale relativi per esempio a una srl, le cose non sono così chiare.
Una soluzione può essere quella di inserire nell’atto costitutivo delle s.r.l. una clausola che vieti ai soci di fare concorrenza alla società e che preveda la possibilità di escludere dalla società medesime i soci che svolgano attività concorrente.In alternativa si possono impegnare i soci a un patto di non concorrenza, facendo loro sottoscrivere un’intesa che preveda il risarcimento del danno in caso di svolgimento di attività concorrenziale.
La concorrenza sleale è un’attività estremamente pericolosa per l’impresa. Il Codice Civile la ritiene illecita, poiché è in grado, alterando il meccanismo fisiologico delineato dal diritto della concorrenza, di danneggiare gravemente l’impresa “virtuosa”